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Grillini spaccati sul caso Di Camillo: sette consiglieri fanno tremare Monteverde

Il presidente d'aula accusato di incompatibilità e conflitto di interesse è ancora al suo posto. Ma non tutti nella sua maggioranza lo difendono. Il garantismo a Cinque Stelle divide il Consiglio a metà

Elimina il presunto conflitto di interesse vendendo le quote del nido e mantiene la poltrona, forte del silenzio di una maggioranza che sembra sostenerlo. Tutti compatti in nome della nuova linea garantista? Forse in pubblico, ma non dietro le quinte. Sul caso Di Camillo il XII municipio, di fatto, si spacca. Un'altra grana a Cinque Stelle sta montando intorno al consigliere presidente dell'Aula e titolare fino a una settimana fa (e per tutti i nove mesi di governo) di un nido convenzionato con il Comune di Roma, per questo accusato di conflitto di interesse. Fratelli d'Italia ha presentato un esposto ad Anac e Prefettura. E sette grillini su 14 di maggioranza non ci stanno a blindarlo senza se e senza ma. Ne vogliono discutere nelle sedi competenti e in polemica con la presidente Crescimanno le hanno indirizzato una lettera. Il dissenso è nero su bianco. Ma facciamo un passo indietro. 

DI CAMILLO INCOMPATIBILE? - La posizione del consigliere è pubblica e nota alla stessa maggioranza fin dal primo giorno di amministrazione. Lo stesso Di Camillo la certifica nella dichiarazione patrimoniale rilasciata agli uffici tecnici. E' titolare al 50 per cento dell'asilo Only Kids, convenzionato con il Comune dal quale prende fondi in maniera continuativa. Un palese conflitto di interesse per il gruppo di FdI municipale che appellandosi all'articolo 63 del Tuel (Testo Unico degli Enti Locali), lo ha bollato come incompatibile sottomettendo il tutto all'Anticorruzione e al Prefetto. Nelle more di un pronunciamento, ha poi richiesto che il caso venisse discusso in Consiglio, come previsto dallo stesso Tuel (art.68/69/70). Ma il passaggio non è mai avvenuto.  

Il consigliere ha dichiarato di aver parallelamente interpellato l'Avvocatura capitolina e il Segretariato generale e di essere in attesa di un parere, non ha convocato il Consiglio (rientra tra le sue specifiche mansioni) e a due settimane dall'inizio della bufera ha annunciato in commissione Trasparenza di aver risolto da solo la questione: "Ho ceduto le quote del nido, non c'è più bisogno di votare". Tutto concluso? Non per Fratelli d'italia che grida allo scandalo per un colpo di spugna forse troppo comodo - "ha usato la propria autorità pubblica per prendere tempo in spregio a ogni legge" - ma nemmeno per i colleghi consiglieri.  

GRILLINI DIVISI - A diversi Cinque Stelle non va giù la polvere nascosta sotto al tappeto con una cessione fatta in sordina che sa tanto di ammissione di colpa. Così, se c'è chi lo difende e fa buon viso a cattivo gioco ("ha sanato la sua posizione") contando sul silenzio che prima o poi calerà, non mancano i nostalgici del Movimento giustizialista che fu. Qualcuno si sente preso in giro da una trasparenza che alla bisogna sembra diventare secondaria. E quando la presidente Silvia Crescimanno sonda il terreno chiedendo nella chat dei consiglieri chi sta con Di Camillo, qualcuno decide di parlare. 

In risposta alla minisindaca sette consiglieri scrivono una lettera di cui Romatoday è venuta a conoscenza. L'intento è far capire che non si può andare in deroga a onestà e trasparenza. Non basta la cessione delle quote del nido per mettere a tacere gli animi. E' una questione di principio. Esiste un'Aula dove discuterne e bisogna avere la certezza che il suo garante non sia in conflitto di interesse. Il silenzio della presidenza poi non piace affatto. Sicuramente non si può prescindere dai pareri di Anac e del Segretariato. Così i paladini dell'onestà si compattono. E la squadra non è casuale.

Di frizioni interne alla maggioranza di Monteverde parlammo a gennaio. Presenti fin dai tempi pre elettorali, è stato l'addio di Francesca Grosseto ad acuire ulteriormente i malesseri interni, sull'onda di divisioni ormai consolidate. Da un lato la presidente Crescimanno, espressione dell'ala lombardiana del Movimento, e un cerchio di fedelissimi tra cui lo stesso Di Camillo e i consiglieri Francesco Tesse, Antonella D'Angeli, Antonio Caprioli, Claudio Cardillo. Dall'altro quello che resta di una maggioranza che troppo spesso ha storto il naso per decisioni prese in giunta senza alcun coinvolgimento dal basso. Tra loro i sette della lettera contro il "presidente incompatibile".  

LO SCONTRO CON L'OPPOSIZIONE - Più che esplicito invece il conflitto con Fratelli d'Italia che ha sollevato il polverone. Nel corso della seduta d'Aula del 12 aprile i consiglieri hanno abbandonato gli scranni facendo cadere il numero legale, dichiarando di non riconoscere l'autorità ed il ruolo di garanzia del presidente, "che per 10 mesi ha nascosto di essere titolare di una srl continuativamente sovvenzionata dal Roma Capitale". Mentre a margine del Consiglio il vice presidente Marco Giudici ha raccontato di "pesanti insulti e di minacce di querela prive di fondamento da parte di Di Camillo", denunciando poi con il capogruppo Giovanni Picone di essere venuto a conoscenza di "una riunione del M5S in cui si è deciso che il movimento vuole espellerci senza alcuna ragione per venti giorni. Ricordiamo che siamo in uno stato di diritto, non in una tirannia, e che chiunque tenterà di mettere il bavaglio ad un consigliere eletto democraticamente abusando del proprio ruolo pubblico risponderà in ogni sede per aver commesso un atto premeditato per interessi personali".

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