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Monteverde Monteverde / Viale di Villa Pamphili

Sigilli al Casale dei Cedrati, il consorzio non molla: "Decisione incomprensibile"

La società consortile, vincitrice del bando per la gestione della struttura, si difende dall'ipotesi di abusi edilizi avanzata dagli inquirenti. L'associazione per Villa Pamphili: "Sì alla cultura, ma rispettando le regole"

In due giorni hanno raccolto duemila firme on line. Un appello a sottoscrivere la causa per chiedere la riapertura delle attività. Il sequestro del 12 febbraio non ferma chi ha gestito il casale dei Cedrati di Villa Pamphili, più che mai intenzionato a raccontare la sua verità. "Un progetto di recupero urbano e ambientale viene stritolato da una incomprensibile e infondata decisione, frutto di una burocrazia lontana dagli interessi dei cittadini e sempre meno intenzionata a far ripartire la città nelle sue realtà più sane e significative". La coop Culture, vincitrice del bando del 2013 promosso da Roma Capitale per riqualificazione e gestione della struttura, poi trasformata insieme alla coop Linea d'Arte nella società consortile casale dei Cedrati, continua a discolparsi dalle accuse di violazioni amministrative e penali avanzate dagli agenti di Polizia Locale, che indagano sul caso fin dai primi giorni post inaugurazione.

COSA PREVEDEVA IL BANDO - Il nuovo casale, si legge sul sito del Comune di Roma poco prima del taglio del nastro il 4 dicembre scorso, "accoglierà un’ampia e variegata gamma di attività rivolte a tutte le fasce di età e realizzate attraverso un lavoro in rete con molte associazioni del territorio. Visite guidate, laboratori, mostre, incontri, conferenze, appuntamenti per gli sportivi, grandi eventi e concerti di musica, il tutto ospitato in spazi dedicati anche allo studio e al gioco, serviti da caffetteria e bookshop". Come da bando, che però, stando all'informativa inviata dai vigili urbani all'Autorità Giudiziaria, non sarebbe stato rispettato alla lettera. 

LE ACCUSE E IL SEQUESTRO - Molti caffè e pochi eventi culturali in questi due mesi di apertura, con le attività di somministrazione che in quei 390 metri quadrati coperti ottenuti tramite gara pubblica, sarebbero state le uniche presenti all'interno. Ma non solo. Per ampliare bar e cucina, e organizzarvi cerimonie e pranzi, gli inquirenti ipotizzano una serie di abusi edilizi, sia all'interno che all'esterno del manufatto. 

LA DIFESA DEI GESTORI - Sabato mattina la conferenza stampa davanti al casale sequestrato. I rappresentanti del consorzio hanno spiegato ancora una volta la loro versione dei fatti. I lavori effettuati, oltre a essere andati oltre il semplice "allestimento riportato nel bando" e aver richiesto "un investimento di circa 300mila euro", sono stati "predisposti con progetto tecnico e descrittivo concordato fin nei minimi particolari la Sovrintendenza Capitolina e la Sovrintendenza di Stato".

E ancora, "al Casale dall’apertura a ieri, 11 febbraio (giornata precedente al sequestro, ndr), si svolgono attività culturali, documentate e regolarmente inviate alla Sovrintendenza capitolina, attività sportive, ludico-didattiche, mostre, laboratori, incontri e corsi a cui hanno partecipato migliaia di persone". Poi, "come richiesto dal bando, a supporto delle attività il Casale ha messo a disposizione servizi di bookshop, caffetteria e piccola ristorazione, oggetto della presentazione della SCIA commerciale che rappresenta l’atto formale previsto per l’esercizio di attività di somministrazione"

Nessun abuso e nessuna speculazione dunque, semplicemente "l’atto finale (i sigilli alla struttura, ndr) di una serie di contestazioni, verbali, sanzioni, notificati da uffici diversi dell’amministrazione capitolina, più interessati ai conflitti tra di loro che alla restituzione del bene pubblico alla città". Insomma, se un errore c'è stato sarebbe da ricercare nella macchina burocratico-amministrativo. Nel quartiere però l'appoggio non è unanime. Perché se è vero che il casale con le nuove attività (qualunque esse fossero) è rinato dalle ceneri di anni di incuria, per qualcuno c'è modo e modo di operare, e l'appello per la riapertura non può essere firmato a scatola chiusa, senza prima aver capito se sono stati commessi o meno illeciti. 

CONTRASTI E POLEMICHE - "Non siamo contrari a che gli spazi della villa vengano utilizzati per fare cultura, anzi, ma sul rispetto delle regole non si può transigere. Se si predispongono spettacoli e attività di intrattenimento di vario genere, si fanno quelle, non ristorazione e basta perché, ovvio, è più redditizia". Paolo Arca, dell'associazione per Villa Pamphili, impegnata nelle battaglie per il decoro del parco storico di Roma ovest, esprime da tempo più di una perplessità su gestione e organizzazione degli spazi nel Casale di Cedrati. 

"Quando sono partiti i lavori, ad agosto, non c'erano neanche i cartelli, li hanno posizionati solo dopo che l'associazione lo ha fatto presente - spiega Arca - altra questione riguarda i fondi per la restaurazione del Casale, che arrivano dal Giubileo del 2000". Poi la struttura è rimasta inutilizzata, ma Arca ci tiene a precisare che "non è mai stata oggetto di occupazioni nè di attacchi vandalici". E comunque "c'è un'indagine della magistratura, lasciamo che faccia il suo corso, altrimenti invochiamo i giudici solo quando fa comodo". 

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